Luchino Visconti, regista rivoluzionario - articolo di Lavinia Capogna
"Luchino Visconti, regista rivoluzionario" - articolo di Lavinia Capogna
Luchino Visconti, regista rivoluzionario
Articolo di Lavinia Capogna
Luchino Visconti è stato uno dei Maestri del cinema italiano. Autore di 14 film, alcuni episodi, regie teatrali, d’opera (interpretate da Maria Callas) fu durante la sua carriera artistica molto osteggiato in quanto comunista e omosessuale.
Nato nel 1906 nella nobile famiglia milanese dei Visconti si dedicò da adolescente allo studio del violoncello e compose un interessante romanzo rimasto incompiuto. Destinato dalla famiglia alla carriera militare fuggì a Parigi dove si innamorò del cinema Realista francese e divenne assistente del grande regista Jean Renoir.
Tornato in Italia debuttò nel 1942 con un film rivoluzionario ”Ossessione“, interpretato dalla nota attrice Clara Calamai e dal giovane e bello Massimo Girotti. Il film presentava almeno tre elementi scandalosi per quell’epoca, innanzitutto era ispirato ad un romanzo americano ("Il postino suona sempre due volte" di James Cain) il che rappresentava una grande sfida ai divieti del fascismo, poi raccontava di un adulterio e di un delitto, argomenti impensabili per quel tempo, ed infine era stato girato dal vero nelle campagne della bassa ferrarese in un’epoca in cui si vedevano sul grande schermo quasi solo le leziose ed irreali commedie dei "telefoni bianchi" e pesanti film di propaganda, tutti girati nei teatri di posa. Luchino Visconti invece aveva pienamente assimilato la lezione dei registi del Realismo francese come Jean Vigo, Jean Renoir e Marcel Carné e realizzando così il primo film Neorealista italiano che venne dapprima censurato e in seguito riammesso nelle sale. Poco tempo dopo il regista aderì al PCI senza essere iscritto e alla Resistenza, la sua villa di via Salaria a Roma divenne un luogo di rifugio per i partigiani feriti a rischio della sua vita. Appena liberata Roma egli diresse il documentario "Giorni di gloria". Anni dopo egli dichiarò che la Resistenza era stato il periodo più bello della sua vita.
Nel 1948 Visconti realizzò "La terra trema" un capolavoro che scandalizzò i conservatori per il suo contenuto sociale. infatti era una storia di alcuni pescatori siciliani ispirati ad un romanzo di Giovanni Verga. Gli interpreti erano reali pescatori e contadini siciliani che parlavano in dialetto.
Il film seguente "Bellissima" fu invece l’incontro di due talenti: Visconti e la grande attrice Anna Magnani. Il film narrava il cinismo dell’industria del cinema che prometteva facili successi e le commoventi speranze di una popolana romana cogliendo le trasformazioni della società degli anni cinquanta.
Nel 1954 Visconti realizzò "Senso" ispirato al racconto ottocentesco di Camillo Boito. Anche qui il regista osò raccontare una storia scandalosa: la vicenda di una gentildonna italiana, infelicemente sposata con un collaborazionista veneto degli invasori austriaci, che si innamorava perdutamente di un avvenente disertore austriaco. Il film era intensamente interpretato da Alida Valli e dall’attore americano Farley Granger. La perfezione delle inquadrature, l’eccezionale bellezza estetica mai fine a se stessa, i sognanti dialoghi che il grande drammaturgo Tennessee Williams scrisse per una scena del film, fanno di "Senso" un capolavoro quasi incompreso all’epoca: venne fortemente criticato, considerato addirittura anti patriottico dai democristiani e che, non a caso, non vinse il Leone d’Oro a Venezia a cui fu preferita una calligrafica versione di "Romeo e Giulietta" diretta da Castellani.
"Senso” è un film che ha una grossa perdita sulla fotografia e sul resto visto sugli schermi digitali e che andrebbe visto, se possibile, sul grande schermo in pellicola 35mm dove è veramente stupefacente.
Nel 1957 Visconti realizzò un film ispirato ad un racconto di Dostoevskij "Le notti bianche" interpretato da Marcello Mastroianni e dalla bella e dolce attrice austriaca Maria Schell.
In questo film Visconti raccontava le vaghe speranze infrante e la precoce disillusione di un giovane sognatore affascinato da una ragazza incontrata per caso in una evanescente notte pietroburghese.
"Rocco e i suoi fratelli" è invece un film realista sulla degradazione e la corruzione morale di una famiglia meridionale immigrata a Milano interpretato da un giovane attore francese quasi scoperto dal regista, Alain Delon, e da Annie Girardot.
Bellissime le inquadrature della periferia, la palestra degli allenamenti di box nonché l'alienazione che finisce in follia di Renato Salvatori.
In seguito Visconti girò due film opposti, l’essenziale ed esistenzialista "Lo straniero" dal romanzo di Albert Camus e il grande affresco de "Il Gattopardo" dal celebre romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Tutto deve cambiare affinché nulla cambi, questa è l’idea di base che attraversa tutto il film che è la storia di un principe siciliano nel momento in cui Garibaldi sbarca nell’isola nel 1860. Il film si avvaleva di straordinari interpreti come Burt Lancaster, Alain Delon, Claudia Cardinale, Serge Reggiani, Rina Morelli, Paolo Stoppa, Romolo Valli.
Dopo "Il Gattopardo" Visconti realizzò un film crepuscolare e quasi inquietante su un tema tabù, l’attrazione tra un fratello e una sorella in "Vaghe stelle dell’Orsa", interpretato da Claudia Cardinale e dall’attore francese Jean Sorel. Il titolo era tratto da un verso del poeta Giacomo Leopardi.
Nel ’71 il regista iniziava una 'trilogia tedesca' il cui primo film fu "Morte a Venezia", dal romanzo di Thomas Mann, dove narrava un altro tema scandaloso con grande rigore: la fascinazione platonica e del tutto intellettuale di un musicista tedesco in crisi per un adolescente polacco, Tadzio, che egli ammirava senza mai parlaci sulla spiaggia del Lido veneziano nel 1911. Il film era magistralmente interpretato dall’attore inglese Dirk Bogarde e da una scoperta di Visconti, l’adolescente Björn Andresen (che recentemente ha partecipato ad uno sgradevole documentario svedese omofobo e assai ingiusto verso Visconti).
"La caduta degli dei ” è invece il film più dark di Visconti, un lady Macbeth ambientato agli esordi del nazismo in Germania, bellissimo come realizzazione ma, secondo me, eccessivamente carico nella sceneggiatura.
"Ludwig" è invece un capolavoro, oggi quasi dimenticato che raccontava la vita del sensibile, fragile, romantico ed omosessuale principe di Monaco di Baviera che svuotò le casse del regno per finanziare la musica di Wagner e far costruire fiabeschi castelli. Questi ultimi due film di Visconti erano interpretati da Helmut Berger, bravissimo attore austriaco che fu anche l’ultimo grande amore del regista, come ha raccontato in una intervista l’attore stesso.
Durante la lavorazione di "Ludwig" il regista ebbe un grave ictus da cui si riprese solo in parte fisicamente e realizzò due film prima di morire nel 1977 a 71 anni. È ammirabile che in quelle condizioni di salute e di disabilità egli sia riuscito a realizzare ”Gruppo di famiglia in un interno“, altro capolavoro e un film essenziale per comprendere gli anni '70 che racconta il pudico affetto di un anziano e solitario professore americano (eccellente Burt Lancaster) per una famiglia alquanto dissoluta e neofascista. Il film è anche una profonda riflessione sulla malattia, sulla nostalgia e sulla morte, temi su cui regista deve avere riflettuto nei suoi ultimi anni.
"L’innocente" è invece un film ben realizzato e ben interpretato da Giancarlo Giannini e Laura Antonelli ma con una trama indigesta tratta da un romanzo di D'Annunzio.
Come si vede dalla sua opera Visconti è stato un grande innovatore nel cinema italiano e, come aveva scritto in una nota autobiografica agli esordi della sua carriera cinematografica, a lui interessava mostrare gli uomini e le donne, i loro passi, le loro incertezze, i loro dubbi, le loro esitazioni. I film di Visconti hanno sempre una forte tensione morale e sociale che li attraversa, tensione che faceva anche parte del temperamento emotivo del regista.
Commenti
Posta un commento