SAFFO, "DECIMA MUSA" - Articolo di Lavinia Capogna
SAFFO, "DECIMA MUSA"
Articolo di Lavinia Capogna
Saffo, "Decima Musa"
Articolo di Lavinia Capogna
"O coronata da viole, divina/ dolce ridente Saffo" così il poeta Alceo, contemporaneo ed amico della poetessa nato nella sua stessa isola, Lesbo, descrive Saffo. Un’immagine di bellezza che coincide con l’emotività dei suoi versi. Saffo è considerata la più grande poetessa mai esistita per la bellezza dei suoi versi, la sua capacità di giungere al cuore e alla mente delle lettrici e dei lettori, la sua chiarezza nell’esprimere stati d’animo ed emozioni e di evocare immagini vivissime anche a distanza della immensa lontananza storica che ci separa da lei, 2.700 anni.
Purtroppo la sua opera ci è giunta solo in minima parte perché i suoi nove libri trascritti su papiri sono stati distrutti nell’incendio della magnifica biblioteca di Alessandria. Solo una poesia è stata tramandata intatta, la lode ad Afrodite, delle altre sono rimaste solo frammenti sparsi.
Le notizie storiche relative a Saffo sono controverse anche se giungono da varie testimonianze, ella visse tra il VII e il VI secolo a.C., nell’isola greca di Lesbo, vicino all’attuale Turchia, nella città di Mitilene dove era nata in una famiglia aristocratica. Per un tempo imprecisato visse anche in esilio in Sicilia, per ragioni familiari probabilmente collegate ad eventi politici. Incerto è anche il nome di suo padre, il Suda, una enciclopedia bizantina del decimo secolo d.C., riporta notizie su di lei ed ipotizza vari nomi per suo padre. Invece nomina con certezza Cleïs come sua madre e questo sarebbe stato anche il nome della figlia della poetessa citata da lei in due frammenti anche se uno storico ha messo in discussione che siano riferiti ad una figlia. La Suda bizantina racconta che ella fu sposata con un ricchissimo mercante, il nome di questo mercante è però un nome che ha un significato osceno in antico greco e quindi non corrisponde certamente al nome reale di quest’uomo, ammesso e non concesso che sia realmente esistito un marito di Saffo.
Il Suda riferisce anche di tre fratelli della poetessa di cui uno sarebbe stato coppiere, un titolo che spettava solo ai giovani aristocratici, il secondo invece sarebbe andato in Egitto dove avrebbe perso tutto il patrimonio familiare per amore di una donna di liberi costumi, come si sarebbe detto una volta.
Recentemente è stato ritrovato un presunto frammento di Saffo dove vengono menzionati esplicitamente i nomi dei due fratelli che corrispondono a quelli citati nel Suda però, a mio modesto parere di poeta, questo frammento non è opera di Saffo perché troppo differente dal timbro inconfondibile degli altri.
Quello che invece si sa è che Saffo diresse quello che gli storici definiscono un tiaso anche se la storica Maria Paola Castiglione ritiene, nel suo saggio "La donna Greca", che sarebbe più giusto definirlo un 'coro lirico'. infatti Saffo fu anche una musicista. Le liriche che compose nella lingua colta della sua isola erano scritte per essere suonate e cantate di fronte ad un pubblico. Non ci resta pressoché nulla della musica dell’antica Grecia ma essa ebbe una grande importanza in una civiltà che risplende per la poesia, la filosofia, il teatro tragico, l’arte, le statue e i templi.
La musica greca era suonata su strumenti a corde come la cetra, flauti e spesso questi strumenti sono stati rappresentati sui vasi greci. Il Suda attribuisce alla poetessa l’invenzione del plettro, piccolo utensile quasi a forma di cuore che viene ancora oggi utilizzato per suonare strumenti a corde come la chitarra e il basso.
Il tiaso di Saffo era una comunità e non un collegio o una scuola, come si pensa in termini di mentalità moderna, una comunità in cui alcune fanciulle si riunivano e apprendevano quelle arti e quelle maniere considerate indispensabili prima del matrimonio nella loro alta classe sociale. Possiamo intuire dai frammenti che erano la danza, il canto, la grazia, le buone maniere. Ma questa comunità era anche dedicata ad Afrodite, dea dell’amore.
Nel Suda e prima di allora il poeta Anacreonte ci raccontano dell’amore che nacque tra Saffo ed alcune allieve. Il Suda cita i nomi di tre ragazze del tiaso scrivendo che erano sue "amiche e compagne Attis, Telesippe e Megara verso le quali ebbe la calunnia di amicizia turpe".
"L’amicizia turpe" si riferiva evidentemente alle relazioni sentimentali che avrebbero potuto esserci state tra la poetessa e le allieve. La definizione insultante chiaramente riflette la mentalità omofoba del mondo cristiano dopo la caduta dell’impero Romano e dell’antica Grecia. Infatti nonostante non ci sia assolutamente nulla contro l’omosessualità né femminile né maschile nei quattro Vangeli approvati dalla Chiesa cattolica e nonostante Gesù sia stato l’unico uomo del mondo antico che abbia avuto verso le donne un atteggiamento assolutamente egualitario e paritario la Chiesa assunse un atteggiamento omofobo e misogino nel Medioevo per ragioni che esulano dal tema qui trattato.
Saffo fu invece amata e stimata dai suoi connazionali e da molti posteri, si dice che furono coniate monete con la sua immagine ed anche scolpite due statue che la rappresentavano. Fu ritratta su vasi e affreschi. Platone, il grande filosofo Greco, la definì "decima Musa" (le Muse protettrici delle arti erano nove), il legislatore Strabone avrebbe detto che avrebbe voluto ascoltare una poesia di Saffo e poi sarebbe potuto morire sereno ma, un paio di secoli dopo la scomparsa della poetessa, iniziò un attacco contro la sua vita privata causata certamente dall’omosessualità dichiarata, dal fatto di essere stata una donna e dall’invidia per il suo talento.
Ebbe inizio un’opera di distruzione della sua reputazione colpendo innanzitutto il suo aspetto fisico che non poteva essere conosciuto dai posteri mentre invece il verso di Alceo (O coronata di viole, divina, dolce ridente Saffo) che aveva conosciuto la poetessa, suggeriva che ella potesse essere stata bella ed affabile.
Si diffuse la leggenda di una Saffo molto brutta, piccola e di carnagione olivastra. Anche se essere di bassa statura ed avere la carnagione olivastra non vuol essere brutti di aspetto questa immagine, direi razzista, serviva a ridicolizzare e sminuire la poetessa. Quale modo più banale di colpire una donna sul suo aspetto fisico per svalorizzarla ?
Un altro modo per screditare la poetessa fu quello di attribuirle un marito con un nome osceno anche se nulla impedisce che Saffo abbia realmente avuto un marito.
Le si attribuì anche una relazione sentimentale con Alceo, vero o falso che fosse stato, per darle un orientamento eterosessuale.
Infine si inventò, sembra nel teatro Greco, una leggenda che perdurò per molti secoli, la leggenda di Saffo di età matura perdutamente innamorata di un -ovviamente- bellissimo pescatore di nome Faone che l’avrebbe respinta e per il dolore di ciò ella si sarebbe suicidata gettandosi da una rupe. Questa leggenda è stata sconfessata dagli storici moderni e da un frammento ritrovato nel Novecento si scoprì che la poetessa giunse ad una certa età e che non si sarebbe affatto suicidata. Secondo la tradizione ella visse circa 70 anni.
Per quando vittima di attacchi postumi Saffo non venne però dimenticata dai poeti Latini: la Grecia venne conquistata dalla spietata potenza militare romana ma a loro volta i Romani rimasero soggiogati ed affascinati dalla cultura Greca.
Catullo si ispirò o meglio copiò un frammento di Saffo in un poema che dedicò alla donna amata che chiamò Lesbia, Ovidio si ispirò alla leggenda di Saffo e Faone per scrivere un altro poema.
Nel Medioevo un Papa ordinò di distruggere i frammenti di Saffo ma Boccaccio e Christine De Pizan scrissero di lei.
John Donne, poeta elisabettiano, scrisse un Sonetto su Saffo e Philaenis, sua immaginaria compagna.
Giacomo Leopardi compose la lirica "L’ultimo canto di Saffo" dove riprese la leggenda di Faone con commossa partecipazione ed altrettanto bella è la lirica che Ugo Foscolo dedicò alla poetessa e che contiene le parole 'tenera Saffo'.
In tempi più recenti Pascoli, Pavese, Ada Merini e Maria Luisa Spaziali sono stati ispirati da Saffo. Salvatore Quasimodo tradusse splendidamente alcuni suoi frammenti.
Anche commedie, opere musicali ed improbabili biografie sono state nel tempo dedicate a Saffo.
Il suo nome venne usato nel 1700 in Francia nella frase ‘amore saffico’ che significava amore lesbico (anche lesbica è un aggettivo settecentesco e deriva dal nome dell'isola di Lesbo) per dileggiare circoli di donne colte. Tra parentesi, anche la metrica delle sue liriche si chiama ‘saffica’ e fu usata da vari poeti dopo di lei. Fu allora che nacque lo stereotipo dell’omosessualità femminile come 'abitudine delle classi agiate', anche recentemente uno storico francese definiva Saffo e le sue allieve delle snob (!), cliché insensato molto semplicemente perché le donne colte erano più visibili di quelle non istruite.
Ma cosa contengono i poemi di Saffo che ha tanto scandalizzato e turbato in passato? In realtà nulla di scandaloso. Saffo canta la vita quotidiana delle fanciulle di Lesbo, un mondo ancora in armonia e comunione con la natura (che ella descrive con delicati e precisi accenti) un mondo spirituale e sensuale al tempo stesso, un’isola piena di ulivi gettata dagli Dei nel mezzo del mare blu della Grecia, quel mare Egeo, tra Occidente ed Oriente, con prati bagnati di rugiada su cui fanciulle cretesi danzavano a piedi scalzi e accendevano profumati incensi sull’altare della Dea Afrodite. Dove le fanciulle tessevano colorate stoffe cantando mentre risuonava la cetra di Saffo.
Ogni brutalità, mancanza di grazia e volgarità erano bandite da Saffo e dalla sua comunità.
Per alcuni storici attuali (uomini) l’omosessualità nel tiaso di Saffo aveva una funzione paideutika cioè pedagogica, una sorta di iniziazione alla vita prima del matrimonio così come accadeva per gli uomini ma questa interpretazione non convince altri storici (donne) perché il timbro di Saffo è così personale che nasce senza dubbio da un sentimento autentico.
Questa interpretazione maschile tende anche a svalorizzare emotivamente i sentimenti di Saffo riducendoli alla stregua di una, come diremmo oggi, materia scolastica, cosa assai improbabile.
L'omosessualità rivestiva invece una notevole importanza culturale e sociale nella Grecia e nella Roma antica come è stato dimostrato efficacemente dalla storica Eva Cantarella ("Secondo natura" e "L’ambigua malattia") e, secondo lo storico e professore alla Yale University John Boswell, anche nel mondo cristiano fino al 1200 ("Same-Sex Unions in Pre-Modern Europe").
Attis, Telesippe, Megara, Gongila sono per noi nomi arcaici ma per Saffo furono persone reali, ragazze che ella vedeva tutti i giorni. Ed ecco un bellissimo frammento che parla del dolore della separazione tra Saffo e una sua compagna, gli accenti con cui esse si parlano sono così sinceri e femminili da risultare ancora oggi profondamente toccanti:
"(…) vorrei veramente essere morta./Essa lasciandomi piangendo forte, mi disse “Quanto ci è dato di soffrire, o Saffo: contro mia voglia io devo abbandonarti”./
“Allontanati felice ” risposi “ma ricorda che fui di te sempre amorosa.
Ma se tu dimenticherai/ (e tu dimentichi) io voglio ricordare/i nostri celesti patimenti:le molte ghirlande di viole e rose/che a me vicina, sul grembo/intrecciasti col timo/i vezzi di leggiadre corolle/che mi chiudesti intorno/al delicato collo/ e l’olio da re, forte di fiori/che la tua mano lisciava/sulla lucida pelle/e i molli letti/dove alle tenere fanciulle joniche/nasceva amore della tua bellezza (…)".
Famosissimo è anche il frammento che i moderni definiscono 'della gelosia' anche se, secondo me, questa parola è sbagliata perché essendo un frammento non si può sapere il contesto emotivo che genera lo stato d’animo dell’autrice:
"A me pare uguale agli dei/chi a te vicino così dolce/suono ascolta mentre tu parli/e ridi amorosamente. Subito a me/il cuore si agita nel petto/solo che appena ti veda,e la voce/si perde nella lingua inerte./Un fuoco sottile affiora rapido sulla pelle/e ho buio negli occhi e il rombo/del sangue alle orecchie./E tutta in sudore e tremante/come erba patita scoloro/e morte non pare lontana/a me rapita di mente".
Un medico endocrinologo, il dottor Papi insieme ad alcuni colleghi, ha recentemente scoperto che i sintomi che Saffo descrive in questo frammento sono perfetti a livello medico, raccontano di una sindrome (in medicina un insieme di sintomi) della famosa reazione di 'attacco o fuga' del cervello tra cui ipertensione, tachicardia, zuccheri che aumentano nel sangue.
Un incontro tra poesia e scienza.
Purtroppo ci resta solo una frase di un frammento "ho parlato in sogno con te Afrodite", la lirica narrava il sogno e il dialogo tra Saffo e la Dea ? Forse…
Ella l’aveva invocata anche nella poesia denominata dai posteri "Ode ad Afrodite", l’unica rimasta intatta, che narra come Afrodite corra in soccorso di Saffo che la supplica di convincere qualcuna di cui è innamorata a ricambiarla. E Afrodite raggiunge Saffo lasciando la casa di Zeus, suo padre, sorridendo.
Un altro frammento bellissimo di Saffo è quello in cui si legge:
"Cosa c’è oltre l’azzurro cristallino dei tuoi occhi, là dove il tempo si ferma?".
La frase ”là dove il tempo si ferma" è letterariamente sconvolgente. Che cosa descrive Saffo ? Una esperienza mistica e sensuale al tempo stesso che abolisce il tempo, lo annulla? E chi è la fanciulla con gli occhi azzurri che involontariamente ha il potere, per così dire, di fermare il tempo? Oppure è la Dea di cui Omero scriveva che aveva gli occhi azzurri?
Oltre a Saffo ci furono nell’antica Grecia altre poetesse e poeti di talento ma nessuno di loro raggiunse le vette artistiche di Saffo ed Omero. Omero, il povero cantore cieco, di cui è stata addirittura messa in dubbio l’esistenza, che cantò la guerra di Troia causata dalla fuga d’amore di Elena, la donna più bella del mondo, e la conquista della città grazie all’inganno di Ulisse, e Saffo, bella e affabile, secondo il verso del poeta Alceo, che cantò alla luce del sole un amore ancora in gran parte celato.
Il fatto che i nove libri scritti da Saffo siano andati perduti in uno degli incendi della biblioteca di Alessandria, che furono vari, non può non suscitare un grande dispiacere in tutti coloro che amano la poesia nonché lo studio della psicologia umana: lei è la prima persona del mondo antico (2.700 anni fa), di cui ci resta una testimonianza, che ha espresso sentimenti ed emozioni.
Commenti
Posta un commento