Quattro poesie di Lavinia Capogna tratte dai suoi libri

Quattro poesie di Lavinia Capogna tratte dai suoi libri
©

Jeff Buckley 



Frammenti

Tra il fango e la polvere
con berretti e canottiere scolorite
gli archeologi
scavano sotto il sole
di qualche terra remota.

Cercano instancabilmente 
segreti perduti,
mosaici geometrici
su cui hanno camminato
elegantemente 
giovani inquieti.

Trovano a volte povere ossa 
di un suonatore di flauto,
un acrobata, 
un ladro o un poeta -
nessuno rammenta i loro nomi
ma essi non si curano più 
di quelle vestigie mortali
ormai vestiti di candide vesti
nei Campi Elisi,

Aleggiano sentimenti smarriti,
forse semplici
e non complicati,
quasi ingenui,
amori scordati,
frammenti di idiomi
così arcaici
da essere obliati,

Anfore rotte di vino rosso
così forte 
che era accompagnato
da formaggio e pane speziato,
monete annerite
con volti ottusi di imperatori
di imperi crollati,

forse un sottile monile turchino
che adornava
i capelli bruni di una donna,
intrecciati.



Derubata

Aveva creduto nell'amore
come un bambino
crede in una fiaba
o come la pioggia
desidera la primavera.

Aveva avuto
le migliori intenzioni,
i sogni più innocenti e casti,
le speranze più liete,

Aveva immaginato
cose desuete 
come una passeggiata
in viali ombrosi di tigli,
una latteria
con i vetri appannati,

Ma invece l'amore poi,
eccetto una luminosa stella,
si era rivelato sovente impietoso
se non crudele, 

Chi può descrivere il suo smarrimento ?
Un elettrocardiogramma pieno di graffi.



Senza titolo

Sì la vita è stancante,
come la nebbia tra malinconici pioppi,
a volte crudele
come le marce impietose dei soldati,

A volte lieve come le rose sperdute 
al limitare di un giardino,
a volte innocente
come un schietto sorriso.




Cosa resta della vita ?

Cosa resta della vita ?
Apparentemente solo qualche fotografia
un po' sbiadita, 
un'istantanea colta al volo,
un sorriso rubato

ma in realtà, che percorso accidentato !
pieno di inciampi e di scarpate,
di sassi tra il fango e scivolate,
quanto lavoro e apprendimento
una via di mezzo tra un orefice paziente
e un ciclista sventato,

ma anche qualche attimo sereno,
una luce nel mattino.






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