"Carlo Goldoni e le sue Memorie" - Articolo di Lavinia Capogna (ottobre 2025)
Carlo Goldoni e le sue Memorie
Articolo di Lavinia Capogna
Ottobre 2025
Sembra quasi leggendo le bellissime "Memorie" scritte in francese da Carlo Goldoni in tarda età che egli abbia voluto proteggere il suo lavoro. In tal caso avrebbe avuto ragione: ebbe problemi di diritti d'autore con un impresario e con uno stampatore veneziano. Una sua commedia fu copiata di sana pianta dal gesuita e drammaturgo Pietro Chiari e venne attaccato dal drammaturgo Carlo Gozzi.
La parte centrale delle Memorie è infatti dedicata al suo lavoro: Goldoni scrisse circa 200 opere di cui circa 140 commedie. Un lavoro immenso che lo lasciò spossato. In un solo anno a Venezia scrisse ben 16 commedie tra cui alcuni capolavori.
Goldoni fu l'artista che creò il teatro italiano e moderno, quello vecchio, codificato dalla metà del 1500, era giunto nel 1700 al suo declino, saturo di maschere e di drammi inverosímili, di frasi ridondanti.
Non fu, chiaramente, un cambiamento improvviso ma graduale, dovette scontrarsi con gli attori, alcuni avevano un gran peso negli allestimenti, abituati a recitare Arlecchino o Pantalone, con le esigenti primedonne, con gli impresari.
I teatri erano finanziati da aristocratici.
Molte sue commedie toccano ancora il cuore, fanno divertire e ragionare, emozionano quando si alza il sipario nella sala buia di un teatro o quando si leggono nella quiete di una stanza, incantano per la loro grazia sagace, gli arguti intrecci, la descrizione dei caratteri, il linguaggio. Restituiscono un mondo ormai svanito come un fondale color pastello di una scenografia.
Nel 1783, a quasi ottant'anni, Goldoni
ebbe l'idea geniale di scrivere le sue Memorie, che completerà quattro anni dopo. Le scrisse in capitoli brevi e avvincenti. Questo rende la lettura assai agevole. Emerge la figura di un uomo bonario, amante della pace, disadatto a conflitti e men che meno alle risse, che cercava di conciliare i litiganti come aveva fatto spesso nei pochi anni in cui aveva esercitato la professione di avvocato (si era infatti laureato a Padova).
Avvocato, si deve dire, dapprima senza alcuna fortuna e poi, adulto, con successo in Toscana (aveva deciso di abbandonare il teatro) dove un giorno il destino gli inviò un attore che gli commissionò una commedia e un impresario veneziano gli propose un allettante ingaggio fisso di alcuni anni.
L'avvocato Goldoni sarebbe stato utile a borghesi e contadini in lite ma il Goldoni commediografo lo era e lo è a tutti coloro che amano la bella letteratura e il buon teatro.
Nelle "Memorie" emerge anche un secolo, il 1700 (egli era nato nel 1707 e morì nel 1793): il nostro paese era frammentato in alcuni piccoli stati molto diversi fra di loro come usanze, mentalità, leggi ed, eventualmente, domini stranieri, in cui si viaggiava, superando dogane e frontiere, in disagevoli carrozze ma anche via acqua, con piccole barche in cui la gente ingannava il tempo giocando a carte o suonando strumenti musicali, in cui ci si imbatteva in soldati austriaci diffidenti e spagnoli galanti. In cui vi erano imbrogli di ogni genere, amici e nemici in ogni contrada, favoritismi, raccomandazioni e raggiri amorosi.
Scriveva Goethe: "L'Italia è ancora come la lasciai, ancora polvere sulle strade, ancora truffe al forestiero. (...) c'è vita e animazione qui, ma non ordine e disciplina; ognuno pensa per sé, dell'altro diffida, e i capi dello stato, pure loro, pensano solo per sé".
Mary Wortley Montagu, emancipata aristocratica inglese che dalla Turchia aveva portato il primo vaccino contro il vaiolo, il male del secolo, dal suo ritiro in Lombardia aveva descritto nelle lettere alla figlia la passione del popolo per il teatro. Il teatro e le danze all'aperto erano gli unici innocenti svaghi.
Le Memorie di Goldoni sono, seppure assai diverse, in sintonia con quelle di Rousseau (Le Confessioni), di Lorenzo Da Ponte, librettista di Mozart e di Giacomo Casanova (anche se su queste c'è stato il dubbio che fossero state scritte da Stendhal), anch'esse vivaci ritratti di un secolo.
Certamente Goldoni fu molto più tranquillo di Casanova (di cui aveva conosciuto la madre, Zanetta, una bella attrice) e di Da Ponte che fini a cercar fortuna in America.
Goldoni proveniva da una famiglia diciamo borghese anche se la borghesia ancora non esisteva ma non ricca. Suo padre, mantovano, medico o farmacista dedito alla medicina, era un uomo accomodante. Sua madre, Margherita Salvioni, viene descritta come amorevole e di buon carattere.
Diventato avvocato per volontà paterna, si appassionerà sempre di più al teatro. Come il Wilhelm Meister di Goethe fin da piccolo era affascinato dal teatrino delle marionette. Ragazzo, frequentava i teatri, aveva conosciuto alcune attrici e attori. In alcune parti di Italia ma non in tutte era consentito alle donne recitare sul palcoscenico anche se era un mestiere non molto considerato socialmente per via della vita libera e vagabonda della "gente di teatro" (un pregiudizio che durerà a lungo).
Da ragazzo Goldoni si dipinge come uno che non salterebbe mai un pasto (non dimentichiamo le condizioni di povertà del tempo), che viaggia volentieri, che vorrebbe avere parecchi zecchini in tasca ma non è avido, che corteggia le ragazze del popolo graziose ma che se scopre che sono state ingannate da un farabutto ne diventa subito un leale amico, mettendo da parte i modi da spasimante.
Tuttavia qualcosa turba questa giovinezza: quello che lui stesso definisce ipocondria e attacchi di ansia o di panico che non lo abbandoneranno più anche se diventeranno, con il tempo, sempre più rari.
Sarà soddisfatto ma anche oppresso dai ritmi incessanti del lavoro di commediografo, ha una fertile fantasia, spesso si ispira a persone reali appena intraviste o conosciute, non gli garbano i plagi e se si ispira (di rado) ad altre opere lo avverte chiaramente.
A Genova, a 29 anni nel 1736, di passaggio, scorge una ragazza graziosa e simpatica ad una finestra. Scopre che è Nicoletta Connio, 19 anni, figlia di un notaio. La rivede e... si innamora. Fa una proposta di matrimonio che viene accettata e in capo ad un mese sono sposati!
La sera delle nozze Goldoni ha la febbre alta, gli è tornato il vaiolo (che aveva già avuto da più giovane a Rimini), Nicoletta lo conforta, piange, lo sostiene emotivamente. Goldoni ha trovato in poche settimane la moglie ideale: lei gli sarà sempre accanto con una funzione protettrice, non avranno figli ma molto più avanti "adotteranno" due nipoti figli di un fratello di lui, un militare arrogante e scapestrato.
Goldoni inizia a scrivere testi, alternando opere buffe ad opere più realiste, le maschere della Commedia dell'Arte si lamentano con gli impresari, egli sogna una riforma del teatro ma non può farla in un istante: secoli di esagerazioni, cose inverosimili, abnormi hanno corrotto il pubblico. Lentamente, avendo per maestri il seicentesco Molière e la prosa limpida del Melodramma del "dolce" Metastasio, abate romano, che lavora alla corte di Vienna, riesce nel suo intento.
Sviluppa un suo personalissimo timbro, scrive sia in italiano sia in veneziano, poi in francese.
"La donna di garbo" sarà negli anni '40 il primo testo teatrale interamente composto da lui e non improvvisato dagli attori. Infatti, di solito, l'autore scriveva alcune scene e poi gli attori ne improvvisavano altre.
Egli scrive commedie in tre, quattro atti.
Un teatro nuovo, realista, brillante, fatto di popolani, borghesi, aristocratici di cui descrive vizi e virtù, ha intenti pedagogici ma mai moralistici. In cui c'è una critica ai privilegi dell'aristocrazia ma che deve essere per forza di cose velata come nell'Aria "Signor contino, il chitarrino gli suonerò" di Mozart.
Conosce Vivaldi, prete, con i capelli rossi, che definisce "Quel prete, ottimo violinista e mediocre compositore". Frase che ha lasciato interdetti i posteri ma che rende l'idea che Vivaldi da vivo non fosse apprezzato a Venezia come avrebbe meritato o che forse Goldoni non conoscesse bene la sua musica.
A Parigi conoscerà il filosofo ginevrino Jean - Jacques Rousseau che fa il copista di musica e abita in una misera locanda con tante scale insieme alla moglie, una lavandaia - elementi che lasceranno perplesso il veneziano ("Avevo il cuore affranto: vedere il letterato fare il copista; vedere sua moglie far la serva, era uno spettacolo desolante per i miei occhi, e non riuscivo a nascondere il mio stupore e il mio dolore: tacevo.").
Conobbe anche Diderot e Voltaire, che già molti anni prima gli aveva fatto pervenire una lettera di elogi.
Nella parte centrale del libro Goldoni racconta in modo piacevole le trame di parecchie sue commedie, poi teme di aver tediato il lettore ("Non cominciate forse ad annoiarvi, caro lettore, di questa sterminata collezione di estratti, di riassunti, di argomenti di commedie? A dir vero, mi sento stanco e sazio io stesso, ma verrei meno al mio impegno se non dessi conto della totalità delle mie opere"), fa qualche errore sulle date più che comprensibile e ci racconta come nacque "La Locandiera", considerata da molti critici il suo capolavoro: l'avvincente contesa verbale tra la bella e indipendente Mirandolina e il testardo Cavalier di Ripafratta che odia le donne (ma alla fine lei sposerà l'amato cameriere Fabrizio).
Ma non mancano "La bottega del caffè", "La famiglia dell'antiquario", "Due gemelli veneziani", I Rusteghi", "Il burbero benefico", "Il Campiello", "Le baruffe chiozzotte", le tre opere sulla villeggiatura, "Il servitore di due padroni" - solo per citare le più celebri.
Anche se principalmente veneziane le commedie di Goldoni non hanno nulla di "nazionalistico", partendo da un microcosmo per quanto assai particolare raccontano un macrocosmo, tutta l'Italia.
Alcune si ambientano anche in Toscana, a Roma (dove Goldoni soggiornerà alcuni mesi), a Napoli dove con suo rimpianto non riuscirà ad arrivare.
Nel 1762 riceverà l'invito di un prestigioso teatro di trasferirsi a Parigi. Parigi era allora la città più importante d'Europa. Egli pensa di fermarsi un paio d'anni, lascia la nipote, Petronilla Margherita, in un convento per educande e con il nipote Antonio e la moglie Nicoletta viaggia verso la capitale del regno di Francia.
Ha composto un'ultima commedia a Venezia a cui dà lo splendido titolo di "Una delle ultime sere di Carnevale", un commiato non privo di malinconia.
Non tornerà più nella Serenissima.
Descrive Parigi come un'affollata metropoli, è accolto con gran cortesia, scrive commedie in francese, diventa maestro di italiano della figlia del re, Louis XV, che gli concede una pensione, e poi delle sorelle di Louis XVI. Incarichi prestigiosi, certo, ma anche un po' svilenti per il più grande commediografo vivente, qualunque bravo insegnante avrebbe potuto sostituirlo.
Nel 1784 Vittorio Alfieri va a trovare Goldoni che definisce "un buon vecchietto".
Durante la rivoluzione, nel 1792, vengono abolite le pensioni reali. Goldoni e la moglie devono affrontare la povertà.
Il drammaturgo rivoluzionario Joseph de Chénier chiede alla Convenzione che la pensione di Carlo Goldoni sia rinnovata.
Il sì arriva il giorno dopo la morte di Goldoni che muore nel gelido inverno del 1793, l'anno cruciale della Rivoluzione.
Il 21 gennaio il re Louis XVI è stato ghigliottinato, Goldoni ci lascia il 6 febbraio, un paio di settimane prima di compiere 86 anni.
Sua moglie Nicoletta morirà a 78 anni nel 1795.
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Bibliografia:
Carlo Goldoni Memorie (Classici Rizzoli Bur)
Carlo Goldoni Commedie (Edizione Einaudi)
Carlo Goldoni 15 Commedie (LaTorre editore 2020)
Alberta Stanchetti Carlo Goldoni (Smaldotti editore 2019)
Carmelo Alberti Goldoni (Salerno editrice 2015)
Frank Médioni Carlo Goldoni, biographie (Éd. Gallimard 2015)
Non mi è riuscito di trovare "Nicoletta Goldoni Connio: una moglie genovese" di Maria Rosa Acri (Firenze Atheneum 2013)
Lorenzo Da Ponte Memorie (Garzanti)
Giacomo Casanova Memorie scritte da lui medesimo (Mondadori)
Lady Mary Wortley Montagu
Cara bambina (Adelphi 2014)
Jean - Jacques Rousseau Le Confessioni (Garzanti)
Johann Wolfgang Goethe Viaggio in Italia (Rizzoli)
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